martedì 19 agosto 2014

IL GIARDINO NATURALE DI ILDE

La competenza botanica di Ilde e la passione di Carlo, hanno fatto nascere, a Fubine,  “Il Giardino Naturale”, uno spazio nel quale praticano tutte le tecniche del giardinaggio: sperimentano, seminano, ibridano, trapiantano, coltivano numerose erbacee ed erbe aromatiche.
Tutto ha inizio nel 1985, quando i due coniugi si trasferiscono nella casa di famiglia ma la passione di Ilde per le erbe inizia da bambina, quando con la nonna andava per i campi a raccogliere quelle spontanee da usare in cucina. Anni dopo, l’ incontro con l’ esperta Maria Luisa Sotti le farà conoscere il vasto mondo delle erbe aromatiche, un mondo che tuttora ama e divulga.
Ne “Il Giardino naturale” sono presenti numerose collezioni, oltre alle officinali: euforbie,  perenni, bulbose, arbusti e le rose, alcune delle quali s’ arrampicano agli alberi o su di una prugna Mirabolano. Tra le rose Eos- Moyesii, un’ arbustiva moderna, creata alla fine degli anni Cinquanta, che fiorisce una sola volta con fiori semplici di colore rosa corallo scuro.
Particolarmente cara a Ilde la rosa Gallica messa a dimora dal padre  ottant’ anni or sono, accanto ad una spirea. Numerosissime le rose sia moderne che antiche: dalla Grootendorst che presenta i petali dei piccoli  fiori arricciati come quelli dei garofani, alla Papà Meilland, la coprisuolo The Fairy, la candida Nevada, la Complicata, la Clementina Carbonieri del 1913 dall’ intenso  profumo. La rosa Centifolia Chapeau de Napoleon si fa notare per i suoi particolari boccioli,  la Viridiflora per i fiori verdi e la Omeiensis Pteracantha, una ottocentesca rosa cinese, per le sue grosse spine, solo per citarne alcune.
Tra gli alberi notiamo una gladizia, nata da seme, un vecchio fico, una quercia ed un nespolo.
In gran numero le essenze presenti nel piccolo vivaio, coltivate nelle aiole delimitare da pali di legno: dalle officinali, alle numerose varietà di salvie, le centauree, i papaveri, iris e geum, peonie, ma l’ elenco sarebbe lunghissimo.
Il Giardino Naturale è visitabile su appuntamento telefonico 0131.778388.

(Nadia Presotto)

mercoledì 13 agosto 2014

V A L L E     M A I R A



Un luogo incantato per vacanze a contatto con la natura e quest’ anno (2014) il concerto di Ferragosto!

Eccoli! I prati ricchi di fiori, i boschi di conifere, l’orrido… me ne avevano parlato ma quasi faticavo a credere fossero così belli.
E’ una natura selvaggia e incontaminata quella della Valle Maira, una delle valli del cuneese, a Sud del Monviso, valle occitana, con un dialetto simile alla lingua d’ oc, dove le tradizioni ricordano  quella parte di Francia così particolare: la Provenza.
La Valle Maira è una lunga vallata che va da Dronero fino al crinale alpino e prende il nome dal corso d’acqua che l’attraversa; è detta anche “valle magra”, in ricordo di anni difficili, per le scarse risorse economiche.
E’ affascinante percorrere la valle fino a Chiappera, dove si può ammirare la cascata e l’imponente guglia della Rocca Provenzale; valle solitaria, fiorita, fitta di boschi, con montagne di nuda roccia e, sempre presente, il cono del Monviso. Alle sorgenti del Maira si guarda incantati l’acqua che sgorga dal terreno e, alzando lo sguardo è facile veder volteggiare la poiana o l’aquila. Il silenzio è rotto dai richiami delle marmotte mentre escono dalle loro tane e dallo scampanio delle mandrie al pascolo.
Ai lati della valle si aprono numerosi valloni che consentono anche escursioni a piedi; si può risalire il Vallone Marmora, uno dei più belli, per raggiungere  il colle Intersile a 2000 metri e dalla sommità godere di uno splendido panorama e stupiti  restare a guardare una baita con il suo piccolo e incantevole giardino, così vicino al cielo.
Il Vallone di Elva invece, si risale percorrendo la strada che costeggia l’orrido, per ammirare gli affreschi della parrocchiale, opera del fiammingo Hans Clemer, passato alla storia come il “Maestro d’Elva”. Ma tutte le chiese, costruite su speroni rocciosi, racchiudono inestimabili tesori.
Nella valle è facilmente riconoscibile l’identità occitana, rievocata nelle feste e nelle danze cerimoniali ed emerge attraverso l’arredo, la cucina e le numerose iniziative culturali.
Le locande occitane disseminate nella valle sono realizzate secondo l’architettura tradizionale; i materiali usati sono locali, con gli arredi in legno e individuabili dalle tipiche e colorate insegne in ferro, recanti il marchio delle terre occitane.
Per quanto riguarda la cucina, semplice e genuina, il libro “Mac de pan” (Di solo pane), di Basteris e Garnerone, con la presentazione di Mario Soldati, inizia così “ Il mangiare più diffuso delle valli occitane era la cinghia”. Infatti alla base dell’alimentazione c’era la polenta di meligone, il pane di frumento, segala o mistura, castagne e patate; gli ortaggi ed i legumi erano quelli coltivati nell’orto.
La “polenta occitana” è una vecchia ricetta rivisitata dalla “Locanda del Silenzio”; è una polenta cucinata con porri e patate e condita con sugo di cipolle, panna e formaggio.
Non si può non mangiare le acciughe “in verde” e “in rosso”, perché questa è la terra degli acciugai.
Una leggenda narra che a scoprire quel commercio fu un bottaio del luogo recatosi in Liguria per affari. Prima di tornare a casa, acquistò due botti di acciughe per la famiglia; durante il viaggio si accorse che la richiesta era altissima e finì per venderle tutte, raccogliendo un discreto gruzzoletto. Da quel giorno lasciò le botti e si dedicò alle acciughe sotto sale (da Guida Insolita del Piemonte di M. Centini). Era anche la terra dei “caviè” ed Elva ne era la capitale. I raccoglitori di capelli attraversavano la valle, nel periodo invernale quando i lavori agricoli erano ridotti al minimo, e andavano  alla ricerca di capelli,  che rivendevano in Francia e Inghilterra; le donne se ne privavano in cambio di stoffe o denaro.
Leggende e tradizioni a parte, la Valle Maira  è una vallata  incontaminata, con i panorami più spettacolari, i suggestivi paesaggi, i piccoli borghi con le case dai tetti di pietra sparsi qua e là e pennellate di natura che un pittore non avrebbe saputo fare meglio.

Nadia Presotto Luparia 

LA ZINNIA

Un antico fiore che torna ad essere di moda


Propongo qui, sul mio blog, un articolo che ho scritto per il mensile “al pai d’Lu” e pubblicato sul numero di luglio 2014.

La zinnia è una pianta annuale che appartiene alla famiglia delle Composite, è originaria del Messico ed è stata introdotta in Europa verso la  fine del 1700. Linneo la chiamò zinnia in onore di un suo discepolo, il botanico tedesco Johann Gottfried Zinn. La specie dominante è la Zinnia elegans, con fusto eretto, foglie opposte ruvide di colore verde scuro; i capolini sono solitari con fiori semplici, doppi o semidoppi. Le numerose varietà ci regalano una vasta gamma di colori. A tal proposito Vita Sackville-West nella sua rubrica sull’ Observer scrisse: “Tra le zinnie troviamo un assortimento di tinte raramente osservabili in altri fiori: color paglia, bianco verdastro, un particolare giallo zafferano, un rosa cupo, un rosa corallo. L’unico colore sgradevole presentato dalle zinnie è il Magenta, e questo, ahimè, si vede fin troppo spesso. Quando minaccia di apparire, io strappo la pianta e la getto sul mucchio della composta, lasciando spazio ai colori più graziosi”.
Crescono  in terreni ben drenati e al sole. Si seminano in semenzaio a marzo e si mettono a dimora non appena le piantine hanno raggiunto un’altezza di 8 – 10 centimetri. Si possono seminare direttamente a dimora in maggio, diradandole senza rimpianti, lasciando 30 centimetri di distanza tra una pianticella e l’altra, così potrà allungare i rami anche ai lati. Durante la crescita è bene cimarle per ottenere piante più folte e compatte.
La fioritura della zinnia è lunga, arriva fino all’autunno; le varietà più alte sono adatte per avere fiori da recidere e con i capolini multicolori si possono fare belle composizioni. Seminate ai bordi del vostro orto creeranno una zona veramente piacevole; le piante più alte necessitano di sostegni, per non cedere ai temporali estivi. Le varietà nane sono adatte per bordure o per creare piccole aiuole.
I fiori di zinnia sono facili anche da seccare: si raccolgono quando sono completamente aperti, in giornate  asciutte e  soleggiate;  si appendono a testa in giù in un locale ventilato e un po’ scuro per 6 -8 settimane.
Se volete raccogliere i semi scegliete le piante più robuste, a fiori grandi e con i colori vivi perché in genere danno il seme migliore, che conserverete in una bustina di carta per tutto l’inverno, in un luogo riparato dall’umidità, pronti per essere seminati nella primavera successiva.
Nel linguaggio dei fiori la zinnia rappresenta la semplicità, forse per la mancanza di profumo e per la sua struttura. Dopo un periodo di oblio, torna ad essere di moda e proprio per la sua facilità di coltivazione la consiglio ai neofiti del giardinaggio.
(Nadia Presotto)