giovedì 12 gennaio 2017

Testo critico di Elisabetta Raviola


La linea di un apparente confine ci guida attraverso le opere dell’artista Nadia Presotto. Testo critico di Elisabetta Raviola

 


La capacità dell’artista di stendere il colore definendo la realtà di una natura, di un paesaggio a noi ben noto, porta lo sguardo di chi osserva verso un orizzonte, un orizzonte ipotetico che è posto oltre lo spazio e oltre il tempo, al di là dei limiti dell’uomo.

La tenuità e la leggerezza del colore accarezzano di eleganza gli elementi della natura e li fondono nel nostro pensiero restituendoci una dimensione di sogno: sogno di una natura incontaminata che l’uomo finalmente impara a cogliere nella intimità di un albero o di una distesa di erba, di una nuvola o di un tramonto.

La linea di confine ondeggia negli elementi visivi che l’artista ci propone, non è affatto statica, non divide non spezza il paesaggio tra un prima e un dopo, ma lo armonizza con consapevolezza.

Il confine tracciato sulla carta dell’acquerello diventa testimone di un passaggio mentale tra il prima, ciò che l’artista porta nella mente  e nell’anima della propria terra, e il dopo, ciò che l’artista crea e rielabora nel linguaggio visivo e nella tecnica pittorica.

Il segno delicato ed elegante dell’artista Nadia Presotto affina la natura, crea un’osmosi tra cielo e terra che si compenetrano  alleggerendosi reciprocamente in una dimensione che va oltre il reale nello spazio dell’anima.

La dimensione dell’etereo è la dimensione dell’artista Nadia Presotto che  ci illustra e ci fa conoscere una natura nuova, in cui l’uomo diventa consapevole spettatore e condivide segreti  e ritmi della natura, tra spazi vuoti, di riflessione, e spazi pieni, di azione.

La presenza dell’uomo scompare dalla visione della natura trasfusa sulla carta dalla grazia e dall’incisione del colore  dell’artista, per non contaminare la natura stessa, ma non si annulla, non sta ai margini, diventa presenza dall’altra parte dell’opera come occhio attento, sguardo dell’artista e sguardo di chi l’opera contempla.

L’occhio dell’artista diventa il nostro, l’artista compie il prodigio di rendere nostra la sua opera, nostra la sua natura con un’immediatezza senza veli e senza ipocrisie.
 

 

 

 

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