Testo critico di Elisabetta Raviola
La linea di un apparente confine ci guida attraverso le opere
dell’artista Nadia Presotto. Testo critico di Elisabetta Raviola
La capacità dell’artista di
stendere il colore definendo la realtà di una natura, di un paesaggio a noi ben
noto, porta lo sguardo di chi osserva verso un orizzonte, un orizzonte
ipotetico che è posto oltre lo spazio e oltre il tempo, al di là dei limiti
dell’uomo.
La tenuità e la leggerezza del
colore accarezzano di eleganza gli elementi della natura e li fondono nel
nostro pensiero restituendoci una dimensione di sogno: sogno di una natura
incontaminata che l’uomo finalmente impara a cogliere nella intimità di un
albero o di una distesa di erba, di una nuvola o di un tramonto.
La linea di confine ondeggia
negli elementi visivi che l’artista ci propone, non è affatto statica, non
divide non spezza il paesaggio tra un prima e un dopo, ma lo armonizza con
consapevolezza.
Il confine tracciato sulla carta
dell’acquerello diventa testimone di un passaggio mentale tra il prima, ciò che
l’artista porta nella mente e nell’anima
della propria terra, e il dopo, ciò che l’artista crea e rielabora nel
linguaggio visivo e nella tecnica pittorica.
Il segno delicato ed elegante
dell’artista Nadia Presotto affina la natura, crea un’osmosi tra cielo e terra
che si compenetrano alleggerendosi
reciprocamente in una dimensione che va oltre il reale nello spazio dell’anima.
La dimensione dell’etereo è la
dimensione dell’artista Nadia Presotto che
ci illustra e ci fa conoscere una natura nuova, in cui l’uomo diventa
consapevole spettatore e condivide segreti
e ritmi della natura, tra spazi vuoti, di riflessione, e spazi pieni, di
azione.
La presenza dell’uomo scompare
dalla visione della natura trasfusa sulla carta dalla grazia e dall’incisione
del colore dell’artista, per non
contaminare la natura stessa, ma non si annulla, non sta ai margini, diventa
presenza dall’altra parte dell’opera come occhio attento, sguardo dell’artista
e sguardo di chi l’opera contempla.
L’occhio dell’artista diventa il
nostro, l’artista compie il prodigio di rendere nostra la sua opera, nostra la
sua natura con un’immediatezza senza veli e senza ipocrisie.
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